musil - museo dell'energia idroelettrica di Valle Camonica
La storia
Risalendo la Valle Camonica, superato Capo di Ponte, i due versanti si stringono determinando un abbraccio al territorio di fondovalle, che localizza l'approssimarsi di Cedegolo, cuore storico dell'industrializzazione idroelettrica del Novecento.
L'arrivo è preceduto, a breve distanza, dalla presenza di tre insediamenti idroelettrici ancor oggi produttivi che ci introducono alle vicende della grande epopea storica, tecnica, economica e sociale raccontata all'interno del Museo. Si tratta, nell'ordine, della moderna Centrale (di pompaggio) Enel di San Fiorano, della centrale Edison di Cedegolo (progetto dell'architetto Gio Ponti) e della storica Centrale Poglia costruita dalla GEA nel 1911 e ora di proprietà dell'Enel. Giunti all'ingresso dell'abitato si presenta finalmente la grande massa monumentale della Centrale SEB (Società Elettrica Bresciana), stretta tra la statale del Tonale, la ferrovia e il fiume Oglio: un imponente edificio realizzato su progetto dell'Ing. Egidio Dabbeni di Brescia, una tra le prime Centrali idroelettriche realizzate in Valcamonica, un esempio pionieristico per il nostro Paese di stile razionalistico-funzionale.
A chi arriva in treno, appena scesi dalla stazione di Cedegolo, si presenta esattamente la situazione illustrata in una cartolina d'epoca: la linea ferroviaria Brescia-Edolo da poco aperta che "buca" la roccia incombente, il fiume Oglio, che qui ha scavato una suggestiva gola, attraversato dal veneziano e storico ponte della Noce e, quindi, la massa algida e geometrica della Centrale Idroelettrica.
La Centrale di Cedegolo, sede del Museo, fu costruita tra il 1909 e il 1910 ad opera della Società Elettrica Bresciana per sfruttare la caduta delle acque derivate in comune di Malonno sul versante orografico destro del fiume Oglio; è passata all'Enel con la nazionalizzazione. Il suo arco di attività va dal 1910 sino al 1962, quando per motivi tecnici è uscita di produzione ed è stata impiegata come magazzino di deposito a servizio del sistema idroelettrico della Valle.
Nel settembre 2000 il Comune di Cedegolo ha acquistato la Centrale dalla SEI S.p.A. (società immobiliare e di servizi del Gruppo Enel) allo scopo di realizzarvi un museo dedicato all'energia idroelettrica. Il Museo è stato realizzato grazie all'Accordo di Programma dell'11 marzo 2005, finalizzato alla costruzione di quattro poli espositivi a Brescia e nel Bresciano, costituenti il Museo dell'Industria e del Lavoro (musil), facenti capo all'omonima Fondazione. La sede di Cedegolo è stata inaugurata nell'autunno 2008, gli spazi espositivi e funzionali sono stati rinnovati e ampliati con una serie di interventi successivi, con apporti degli enti sottoscrittori dell'Accordo, dell'Unione europea e di Fondazione Cariplo.
Il recupero della Centrale
Il complesso ex Bresciana si trova all'interno dell'abitato di Cedegolo ed è composto dalla Centrale edificata nello spazio compreso tra la strada statale 42 e il fiume Oglio e da una palazzina per uffici situata sul lato sinistro della strada stessa.
Il corpo centrale è il volume maggiore dell'edificio e negli anni di attività della Centrale era adibito a sala macchine, fornito di turbine, alternatori e strumentazioni di controllo.
Un corpo più stretto a prevalente sviluppo verticale si affaccia sul lato strada ed è suddiviso in quattro piani destinati alla trasformazione dell'energia elettrica. Un corpo a torre si aggancia ortogonalmente alla sala macchine: fungeva da struttura di servizio ed è stato realizzato successivamente. La principale struttura portante è in calcestruzzo armato e si appoggia sui poderosi muri perimetrali che, interrotti da grandi vetrate, appaiono come imponenti pilastri profondi oltre un metro. Su di essi si regge la copertura della sala macchine, costituita da un solaio incrociato a cassettoni chiusi. Lo schema organizzativo e strutturale è chiaro e razionale, impostato simmetricamente rispetto all'asse di ingresso. L'impressione complessiva dell'edificio è severa: i grandi pilastri perimetrali emergono dal piano di fondo della facciata poggiandosi su un basamento in blocchi di granito dell'Adamello lavorati a bugnato rustico, che ne accentuano la monumentalità.
L'edificio appare uniforme e unitario ed esprime efficacemente l'esigenza di serialità e di severità congrua alla Società committente: è un blocco volumetrico cubico e compatto, in ottime condizioni strutturali, che ha consentito una ristrutturazione rispettosa dell'esistente. In data 12 giugno 2003 il Comune di Cedegolo ha bandito un Concorso per la progettazione del recupero della Centrale e la sua riconversione in Museo dell'energia idroelettrica di Valle Camonica: è risultato vincitore del concorso il gruppo di progettazione guidato dall'Arch. Claudio Gasparotti.
Il progetto architettonico si confronta criticamente con l'importante edificio industriale, cercando di instaurare con esso un dialogo funzionale e simbolico. Le nuove strutture interagiscono con l'esistente senza mimetismi, poichè risultano autonome e riconoscibili nella forma e nei materiali. Il progetto immette entro l'involucro della centrale lastre diversamente orientate; non volumi delimitati, quindi, ma piani che intersecandosi con le superfici dell'edificio storico determinano spazi flessibili ed aperti. Ciò consente la strutturazione di un interno architettonico concepito come un ambiente urbano entro cui il percorso museale diviene 'promenade' architettonica e 'piazza tecnologica'. Le contrastanti proprietà dei materiali utilizzati -la concreta matericità delle strutture di contro alla apparente inconsistenza fisica delle parti trasparenti- sono enunciazione del tema espositivo che, dall'idraulica all'elettromagnetismo, rappresenta sia la visibile fisicità della goccia d'acqua quanto l'invisibile astrattezza dell'elettricità. Questo doppio registro linguistico, interpretato emblematicamente dal gruppo turbina-alternatore collocato nella posizione centrale del Museo, è rappresentativo del progetto e, nella cultura del Novecento, metafora della modernità.
A lavori di restauro completati, l'edificio appare nella sua forma originaria, bianca e austera, come se i suoi cento e dieci anni di vita fossero trascorsi in un lampo: la velocità dell'elettricità, della luce e della modernizzazione.