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A destra: prove di lunga durata con cicli termici per cavi ad alta tensione, presso l'Alfacavi Spa di Quattordio (Alessandria) nel 1977.
A sinistra, dall'alto:
quadro elettrico Olivetti-CGS all'Esposizione dell'Elettricità di Brescia nel 1909;
tecnici davanti ad un motore del Tecnomasio Italiano, fine XIX secolo;
statore di alternatore trifase per la centrale termoelettrica di Castellanza, realizzato dallo Stabilimento Elettrotecnico Ansaldo di Cornigliano Ligure (Genova), 1951;
trasformatori trifase da 3000 KW in costruzione presso lo Stabilimento Elettrotecnico Ansaldo di Cornigliano Ligure (Genova), 1928.
Sopra, dall'alto:
hertzometro portatile di fabbricazione italiana, in custodia di legno, con scala di misurazione 35-59 Hz ed apertura scorrevole, costruito negli anni Trenta;
gruppo di trasformatori di tensione realizzati dalla milanese CGS nel 1930.
La produzione industriale grazie all'utilizzazione dell'energia elettrica diede vita a grandi imprese. Un ruolo di primo piano, anche in Italia, lo ebbero le tedesche Aeg e Siemens, a cui progressivamente si affiancarono aziende come il Tecnomasio Italiano e la Ercole Marelli.
L'elettrotecnica era caratterizzata da un intenso intreccio fra cultura tecnico-scientifica e cultura industriale: si affermarono figure significative di ingegneri-imprenditori; fra questi, Ettore Conti, fondatore della "Gadda & C". Proprio nel settore elettrotecnico nel 1909 sorse il primo ente di normalizzazione in Italia, il Comitato Elettrotecnico Italiano (Cei).
La fabbricazione di cavi per il trasporto dell'energia vide in primo piano la Pirelli, che negli anni Trenta mise a punto un sistema innovativo ad olio fluido.
La disponibilità di energia elettrica ebbe effetti sulla localizzazione delle fabbriche, non più vincolate alla forza idraulica diretta, mentre la diffusione dei piccoli motori elettrici cambiò la fisionomia del lavoro artigiano, concorrendo al
successo del modello della piccola impresa.

Quando nel secondo dopoguerra nacque l'industria degli elettrodomestici, accanto a grandi imprese come la Fiat si affermò una leva di imprenditori provenienti dall'artigianato, con spiccate attitudini meccaniche, senza una preparazione scientifica o universitaria. Esemplari i casi di Giovanni Borghi, Aristide Merloni e Lino Zanussi.