Alessandro Volta
Alessandro Volta nacque a Como il 18 febbraio 1745 da una famiglia aristocratica (in particolare la madre era donna Maddalena dei Conti Inzaghi). Dopo una prima formazione dai Gesuiti e al Seminario Benzi Volta abbandonò gli studi per dedicarsi, da autodidatta, ai fenomeni elettrici; appena ventiquattrenne (nel 1969) pubblicò il suo primo trattato in materia.
Fu però dagli anni ’70 che cominciò a fare importanti scoperte e a realizzare strumenti che verranno poi utilizzati dagli scienziati di tutta Europa, come l’elettroforo perpetuo o l’elettroscopio condensatore.
Le sue scoperte e invenzioni comunque non si limitarono al campo dell’elettricità. Ad esempio, durante una gita in barca sul Lago Maggiore, nel 1776, si accorse che scostando il fango con un bastone venivano liberate delle bollicine di un gas particolare, che una volta raccolto notò essere infiammabile. Lo chiamò aria infiammabile nativa delle paludi, ma oggi noi lo conosciamo con il nome di gas metano. Facendo esperimenti con gas di questo tipo Volta creò una serie di interessanti dispositivi, come la pistola di Volta, l’eudiometro e la lampada perpetua a gas infiammabile.
Nel 1778 fu nominato professore di Fisica Particolare all’Università di Pavia, ambiente in cui rimase fino alla fine della sua carriera. Il periodo più interessante degli studi di Volta comincia nel 1792, quando venne a conoscenza degli esperimenti sull’elettricità animale condotti dal medico bolognese Luigi Galvani.
Volta era incuriosito da un fenomeno molto particolare: mentre sezionava il corpo di una rana, Galvani notò che collegando fra loro muscoli e nervi con il bisturi le zampe effettuavano delle contrazioni. Galvani spiegò il fenomeno con l’ipotesi dell’esistenza dell’elettricità animale, che ha origine nel cervello. Volta invece era di un altro avviso: pensava che la contrazione fosse dovuta all’elettricità generata proprio dal bisturi, a causa del fatto che questo era composto da due metalli diversi (fenomeno che poi verrà definito potenziale di contatto). La rana dunque fungeva da semplice elettroscopio, cioè da rilevatore della presenza di carica elettrica. Questa differenza di pensiero diede il via ad una disputa che, col tempo, investirà tutti i laboratori d’Europa, separando gli scienziati in due fazioni: galvaniani e voltiani.
La disputa proseguì fino agli ultimi mesi del '700 quando Volta riuscì in un esperimento che cambierà per sempre il mondo allora conosciuto. Mettendo a contatto due metalli diversi e un terzo conduttore umido riuscì a creare un generatore di corrente elettrica (che egli chiamò organo elettrico artificiale, in analogia con l’organo elettrico naturale delle torpedini). Quello che costruì fu la pila, la cui invenzione fu annunciata in una lettera del 20 marzo 1800 indirizzata a Joseph Banks, presidente della Royal Society. La notorietà che ne seguì fu internazionale: nel 1801 presentò la sua pila all’Institute de France, alla presenza addirittura di Napoleone Bonaparte, che lo onorò di una medaglia d’oro!
Ma Volta era sostanzialmente un uomo semplice e schivo, a cui non piaceva ricevere troppe attenzioni. Infatti dopo l’invenzione della pila cominciò gradualmente a ritirarsi dalla vita accademica. Nel 1819 si ritirò definitivamente nella sua casa di campagna, dove morì il 3 marzo 1827.
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